mercoledì 28 novembre 2012

Vivere non è sopravvivere

(G. Deleuze, Abecedario, R comme resistance DeriveApprodi 2005)

"Il nomade, però, non è solo e necessariamente uno che si muove: fa dei viaggi sul posto, viaggi in intensità, e anche storicamente i nomadi non sono quelli che si spostano come gli emigranti ma, al contrario, non si spostano e si mettono a vivere da nomadi per restare allo stesso posto sfuggendo ai codici. [...] E anche se il viaggio è immobile, anche se lo si fa sul posto, impercettibile, inatteso, sotterraneo, dobbiamo chiederci quali sono i nostri nomadi oggi, chi sono veramente i nostri nietzschiani" - Gilles Deleuze, Piensiero nomade in L'isola deserta e gli altri scritti.

All'insegna di questa crisi che stiamo vivendo, forse la forza di "enunciati nietzschiani", come li chiama Deleuze, prodotti nel corso di un'esperienza, sarebbe un buon punto di partenza per una nuova resistenza. "Vivere non è sopravvivere" è  uno degli esempi indicati da Deleuze: una frase scritta da Richard Deshayes, ferito durante una manifestazione studentesca nel 1971.

Come può un aforisma come questo, nella sua semplicità, sprigionare una forza inaudita contro il potere? Per il suo carattere extratestuale, poiché esso deve necessariamente essere connesso a un'esperienza che viene dal "fuori" e che ci dà il diritto di un controsenso; per il suo carattere relazionale con l'intensivo, poiché si deve porre l'aforisma in contatto con l'esterno rispetto al contesto di chi lo ha pronunciato ed ogni intensità è a sua volta in rapporto con un'altra intensità in modo tale da costruire una corrente di energia; per il suo rapporto con l'umorismo e l'ironia, poiché non si può non ridere quando si confondono i codici, semantici e politici precostituiti; e infine, poiché "l'unità nomadica estrinseca si oppone all'unità dispotica instrinseca", sfuggendo ai codici, alle leggi, ai contratti.

Se vi pare facile costruire un enunciato come questo, non perdete tempo a leggere questo blog, andate e nietzschiate!